Solo 5 ragazzi su 100 conoscono i rischi di contrarre una malattia infettiva con piercing e tatuaggi

Il dato emerge da un’indagine realizzata su 2500 liceali dall’Università di Tor Vergata di Roma. Tatuaggi e piercing, sempre più amati da giovani e giovanissimi, non sono sempre innocui per la salute.

 

Eppure il questionario anonimo, somministrato ai 2500 studenti, ha portato alla luce un quadro sorprendente.

Il 24% dei ragazzi, dopo essersi sottoposto ad una di queste pratiche, ha sviluppato complicanze infettive. Di questi, solo il 17% aveva firmato un consenso informato.

Fa riflettere anche il dato secondo cui soltanto il 54% dei giovani, tatuati o con piercing, erano in possesso di tutte le informazioni utili ad accertare la sterilità degli strumenti utilizzati.

Se solo il 5% dei giovani romani era informato sulle malattie che possono essere trasmesse (in primis le epatiti B e C, seguite dall’infezione da HIV), più del 10% dei casi registrati in Italia è attribuibile ai trattamenti estetici.

I tatuaggi, come documentato da uno studio pubblicato su Hepatology, rappresentano addirittura la prima fonte di trasmissione del virus responsabile dell’Epatite C: soprattutto quando si riutilizzano aghi monouso, si lavora con materiale non sterilizzato e si inietta inchiostro contaminato da sangue infetto.

Un dato interessante riguarda il tempo di sopravvivenza del virus negli aghi e nell’inchiostro, variabile da pochi giorni nell’ambiente a quasi un mese nell’anestetico.

Quando si è deciso di farsi tatuare o di mettere un piercing, bisogna evitare di ricorrere a principianti, evitare strutture con scarse condizioni igieniche e strumenti improvvisati e di dubbia provenienza ( devono essere contenuti in buste sigillate con apposta la data di avvenuta sterilizzazione)

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  24 Settembre 2015

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